La liberazione dei sofferenti
Nell’introduzione con cui ha aperto i lavori del Consiglio episcopale permanente della Cei, il presidente card. Matteo Zuppi ha ricordato la nostra responsabilità per “le sofferenze del nostro tempo e della nostra gente: inverno dell’ambiente, della società, dei divari territoriali, della denatalità, dell’educazione”. Siamo chiamati a prenderci cura con l’iniziativa dal basso, cioè ad aprire ad una maturazione della coscienza politica dalla base. Farci carico delle sofferenze è per noi un fatto eucaristico: il corpo dato e il sangue versato di Cristo fanno recuperare dignità, liberazione e redenzione a ogni sangue e ogni corpo offesi. Per noi questo significa l’ascolto dei sofferenti, vedere i loro volti come contempliamo nella Settimana Santa il volto di Gesù, e farci muovere in loro soccorso per liberarli e operare per l’armonia del Regno dei cieli.
La memoria delle croci è essa stessa un fatto eucaristico; uniamo le croci della storia umana a quella di Cristo per una redenzione. Nella risurrezione la morte e il suo corteo sono vinti; eppure, come Gesù, occorre passagli attraverso. La risurrezione passa dalla passione; il primo passaggio è sconfiggere in sé stessi la divisione, l’odio, il risentimento, l’egoismo come ha fatto e fa Gesù nel duello vita-morte dal Getsemani alla croce. Nella sequenza della Pasqua canteremo “morte e vita si sono affrontate in un prodigioso duello”: questo duello è la trama stessa della storia umana, è il punto in cui l’uomo, allontanatosi da Dio Padre con il suo rifiuto, viene raggiunto da Dio Figlio che scende fino agli inferi! Egli recupera tutti dalla morte e da ogni male. La speranza, infatti, sta nel versetto successivo: “il Signore della vita era morto, ma ora, vivo, trionfa”. Ebbene, noi siamo sempre fra questi due fatti. Ora, però, siamo ancora sotto il segno della croce, nella fragilità e fallibilità, seppure con la certezza della fede nella risurrezione. In questo duello dobbiamo inscrivere la nostra missione per la liberazione dei prigionieri, la libertà degli oppressi (Lc 4,18), portare il lieto annuncio ai poveri, fasciare le piaghe dei cuori spezzati, proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, promulgare l’anno di misericordia del Signore; ricostruire le antiche rovine, rialzare gli antichi ruderi, restaurare le città desolate (cfr Is 61,1-4). Un progetto di pace che non deve mai essere dimenticato, meno che mai in questi tempi di guerra. A volte ci sentiamo impotenti, come Gesù sulla croce, ma abbiamo la riserva della speranza: lui, Gesù, non è stato abbandonato alla morte, è risorto. Il nostro impegno nella storia non è semplicemente militanza politica, è innanzitutto annuncio di risurrezione.
Franco Appi