La vittoria della pace

Cosa fece cambiare prospettiva a George W. Bush? Le sue prime parole dopo l’attacco alle torri gemelle di New York indicavano una lunga guerra di “intelligence”. Eppure, le guerre sia in Iraq che in Afganistan non furono di sola “intelligence”. Furono guerre tradizionali combattute in campo; sbagliate se non altro perché erano eserciti contro guerriglieri, e non furono mai vinte. Già descrivendo in questo modo si anticipa il motivo del loro fallimento. Era fallimentare anche il presupposto di “portare democrazia” con le armi. La democrazia deve crescere dall’interno e con la partecipazione del popolo, con una maturazione della base. In questo modo, gli Stati Uniti (e con loro l’intero Occidente) si resero ancora più invisi al resto del mondo. Gli scontri che viviamo ora avevano già lì le loro premesse. Il punto è l’egemonia globale degli Usa, messa in discussione dopo appena una sessantina di anni.
La sorprendente freschezza attuale della politica estera di Joe Biden, dopo alcune fasi iniziali di incertezze, forse avrà più successo. Sta, infatti, mettendo in atto le massime del Vangelo che indicano la soluzione del patto fra nemici, se c’è l’idea che l’altra parte sia troppo forte (Lc 14,31 s). Gli Usa non ammetteranno mai che la Cina sia più forte; il presidente Biden, però, sta cercando patti per preservare i favori dell’economia e della finanza, ormai globali. Consapevole delle conseguenze nefaste delle scelte del secondo Bush, Biden ha suggerito a Netanyahu di non commettere gli stessi errori. Non è da mettere in discussione la legittima difesa, a cui molti commentatori hanno fatto riferimento, ma l’efficacia della sua azione così ampia e violenta è tale da seminare odio per lungo tempo. L’esperienza dei tanti e durissimi confronti fra israeliani e palestinesi lungo gli anni non ha insegnato nulla né agli uni né agli altri. Nessuno dei due vincerà, come d’altra parte succederà in Ucraina: nessuno dei due arriverà allo scopo per cui l’invasione e la guerra sono state originate. Né la Russia conquisterà l’Ucraina né l’Ucraina recupererà tutti i territori invasi, Crimea inclusa. Eppure, nessuna delle parti, ancora, sta decidendosi per patti di pace con premesse di lunga durata. Il periodo di avvento e di attesa di Natale porta sempre, anche per i non cristiani, un’idea di rinascita, di ripresa, di atmosfera pacifica e di armonia. Magari riuscirà a suggerire che è meglio non uccidere e non farsi uccidere per qualsiasi motivo, e non il contrario. Così, speriamo che il Bambino sia portatore di pace “agli uomini amati dal Signore”, in Ucraina e nella sua terra, fra la sua gente.

Franco Appi