“Se vuoi la pace, preparala”: una lettera di Pierantonio Zavatti

Mentre si aggrava l’aggressione russa all’Ucraina, e la risposta di Israele all’orrenda strage compiuta da Hamas il 7 ottobre va ben oltre la rappresaglia, gettando quasi sull’assedio di  Gaza (oltre 22000 morti, di cui quasi la metà bambini) l’ombra inquietante della volontà di risolvere la questione palestinese con l’insediamento in quella terra di altre centinaia di migliaia di coloni, il rischio di un conflitto planetario diventa ancora più reale. Soprattutto se consideriamo altre guerre in atto e la minaccia incombente della Cina su Taiwan. “La terza guerra mondiale a pezzi” (papa Francesco) potrebbe rapidamente veder connessi i vari teatri di guerra in un unico pezzo devastante per l’umanità. Nonostante tutto questo, è molto evidente un enorme scarto fra la tragica realtà e la consapevolezza del pericolo da parte di larghi settori dell’opinione pubblica e, a giudicare dai fatti, anche di forze politiche e governi, compreso quello del nostro paese. Le manifestazioni per la pace appaiono spesso troppo rituali e poco partecipate, con uno scarso coinvolgimento dei giovani. Ho rivisto in questi giorni la foto di un cartello (“Se vuoi la pace, preparala”) scattata il 24 settembre 1978, quando intervenni come assessore del Comune di Forlì alla seconda marcia della pace Perugia-Assisi, promossa da Aldo Capitini, come la prima del 1961. È indimenticabile lo spirito di quelle iniziative.

Molto è cambiato. Quest’anno, non diversamente dagli ultimi anni, nella stessa Giornata mondiale della Pace istituita nel 1968 dalla lungimiranza di papa Paolo VI, nonostante l’adesione delle principali istituzioni e dei rappresentanti di quasi tutte le religioni, oltre all’invito rivolto a tutte le persone “di buona volontà”, si è dovuta constatare in città della Romagna di oltre centomila abitanti la partecipazione alle marce per la pace di poche centinaia di persone, in maggioranza di età superiore ai 55-60 anni. Non mi sembra in discussione l’impegno organizzativo delle diocesi e di associazioni come le Acli. A mio avviso si deve riflettere piuttosto sull’ insufficiente preparazione culturale ed etico-politica a comprendere il valore prioritario della pace, nei cuori e nelle menti delle persone, come nelle relazioni fra i popoli e fra gli stati. Bisogna ripartire con urgenza dalla diffusione della cultura della pace sollecitata dal presidente Mattarella nel suo efficace discorso di fine d’ anno e dallo sviluppo di una seria educazione alla pace nelle scuole. Fondamentale anche la necessità di una stretta connessione fra pace e giustizia, che ha ispirato -già nel 1972- un messaggio più che mai attuale di Paolo VI. “Se vuoi la pace, lavora per la giustizia”.

PIERANTONIO ZAVATTI