Affrontare i tumori “a testa alta”: la nuova campagna Ior per le pazienti dell’Irst

“Mi ricordo che una paziente aveva talmente paura di perdere i capelli, che decise di seguire una terapia meno efficace per il tipo di malattia che aveva pur di non dover affrontare quel momento. Sinceramente non credo ce l’abbia fatta”. Queste parole le pronunciò con un filo di voce nel 2018 Francesca, infermiera dell’Umberto I di Lugo per motivare la richiesta da parte del reparto di Oncologia della struttura ospedaliera di poter ricevere, come “regalo di Natale” da parte dello IOR, il casco refrigerante Paxman Scalp Cooler, macchinario che scongiura per molte donne sottoposte a chemioterapia l’effetto collaterale più temuto: la calvizie. Niente come una frase del genere può far comprendere quanto tale reazione avversa ai trattamenti possa essere vissuta, da chi la subisce, come qualcosa che va ben oltre la mera questione estetica.

Da quel momento centinaia di pazienti hanno accettato di sottoporsi al Paxman presso il medesimo luogo di cura in cui è stato donato: di loro, secondo la casistica riportata, circa il 70% ha riportato un’alopecia di grado lieve o nulla. Sull’onda di questo successo, e dell’importanza che può rivestire una strumentazione del genere per tutte le donne costrette ad affrontare una diagnosi di tumore, l’Istituto Oncologico Romagnolo ha deciso di aprire una campagna di crowdfunding per dotare del medesimo casco refrigerante anche l’Irst di Meldola. Nasce così “A Testa Alta – La chemioterapia fa meno paura grazie ai caschi che salvano i capelli”, campagna di crowdfunding che l’Istituto Oncologico Romagnolo fa partire da oggi fino a Natale e che viaggerà sulla piattaforma dedicata https://www.insiemeachicura.it/progetti/strumenti/a-testa-alta. Lo Ior si è già esposto e si è reso disponibile a coprire gran parte dell’investimento: il resto verrà auspicabilmente raggiunto “a furor di popolo”, per un obiettivo attestato sui 21.000 euro. Chiunque potrà contribuire affinché anche alle pazienti che afferiscono all’Istituto di cura, quindi romagnole ma non solo, possa essere garantita la speranza di un percorso di cura che tenga in massima considerazione la qualità di vita di chi si sottopone alle terapie.

Il titolo, già di per sé, spiega molto bene il senso di questa raccolta fondi: tuttavia risulta ancora più chiaro rileggendo la testimonianza raccolta anni dallo Ior rilasciata da una paziente che aveva avuto a che fare con l’alopecia. “Gli occhi puntati possono ferire: nessuno, più di una donna, sa quanto sia vera questa affermazione. A maggior ragione lo sappiamo noi, pazienti oncologiche, spesso costrette dal timore del giudizio altrui a nascondere il segno più visibile della nostra lotta contro il tumore: la perdita dei capelli. Sappiamo come ci guarderebbero i passanti che incontriamo per strada. Conosciamo bene la sensazione di disagio che ci invade mentre incrociamo lo sguardo di chi ci osserva, e quello che vede è solo la nostra malattia. Ma non è solo una questione di ciò che pensano gli altri: a volte il giudizio più difficile da affrontare è quello che diamo di noi stesse. Tutte le volte che ci osserviamo allo specchio e ci vediamo stanche, sofferenti, o addirittura non ci riconosciamo e fatichiamo a ricordare l’aspetto che avevamo prima della diagnosi, facciamo un piccolo passo verso il baratro. Perché il tumore prima reclama la nostra esistenza per come la conoscevamo; poi la nostra identità; infine la nostra vita”.     

Una testimonianza personale che diventa quasi un appello, un grido d’aiuto, e a cui lo Ior prova a dare risposta, come spiegato dal direttore Generale Fabrizio Miserocchi: “Una malattia si può guarire o meno: ma la persona va sempre e comunque curata, in ogni suo aspetto. I passi avanti compiuti in Oncologia non vengono esclusivamente raccontati dai dati sulla sopravvivenza in crescita: quelli sono numeri importanti, ma che non tengono in considerazione lo stato fisico ed emotivo in cui un paziente affronta il lungo e difficoltoso percorso di cura. Fortunatamente siamo cresciuti anche da un punto di vista della consapevolezza della rilevanza della qualità di vita di chi si ammala di tumore, del tutto equiparabile all’aspettativa di vita. In questo senso acquisiscono fondamentale importanza tutti quei progetti pensati non tanto per aumentare le probabilità di guarigione di un paziente, ma per preservarne la dignità come persone. Sono iniziative che possono essere riassunte all’interno del concetto di “umanizzazione delle cure” e che hanno una ricaduta di grande rilevanza non soltanto per chi accede alle terapie ma anche per chi le somministra e deve accompagnare per mano il malato lungo un percorso di speranza. La donazione del Paxman Scalp Cooler all’Irst di Meldola rientra senz’altro in questa tematica: sappiamo come i cittadini della Romagna siano sensibili nei confronti della lotta contro il cancro e speriamo che comprendano appieno il senso di questa campagna, donando sulla nostra piattaforma. L’intenzione è quella di dotare anche la Senologia di Cesena del medesimo strumento: ogni donna che subisce una diagnosi di tumore in Romagna deve poter disporre delle apparecchiature più innovative sotto casa, secondo la regola della prossimità di cura”.

Anche il direttore generale Irst, Giorgio Martelli, plaude alla campagna: “L’intervento rientra tra le numerose iniziative che l’Istituto ha intrapreso per migliorare la qualità della vita dei pazienti onco-ematologici, in questo specifico caso in particolare delle donne. Il sostegno dello Ior in questo senso dimostra, ancora una volta, come questa associazione di volontariato sia per noi fondamentale e sempre pronta ad accogliere e farsi promotrice di progetti di valore, a vantaggio dei malati e del territorio. Siamo certi del raggiungimento degli obiettivi di questa campagna e dell’entusiasmo che saprà raccogliere giorno dopo giorno”.