La campana del Campidoglio non suona solo negli Stati Uniti

In Italia, e in gran parte dei Paesi europei, la democrazia ha fondamenta più solide di quelle attuali negli Usa, corrose da quattro anni di devastante populismo del presidente Donald Trump. Ma l’assalto al Congresso da parte della sua fazione più eversiva, quella dei “patrioti” che ha detto di amare (salvo l’ipocrita affermazione successiva di essere scandalizzato dalla loro violenza), desta profonda preoccupazione, e perfino un senso di incredulità per il tentativo di golpe – tale è stato anche in qualche aspetto grottesco – realizzato nella più antica democrazia repubblicana occidentale. Una vicenda che non può essere derubricata come frutto dell’esasperazione di un gruppo di tifosi esagitati, ma entrerà nei libri di storia del ventunesimo secolo. Come punto più alto della crisi di un sistema democratico? O come segno anticipatore di una più vasta e radicale crisi delle democrazie occidentali?

Dipenderà dalla capacità di reazione della società e delle classi dirigenti degli Usa, ma anche dai comportamenti delle istituzioni democratiche e dei semplici cittadini che in tante parti del mondo devono (dobbiamo) capire che la campana del ritorno della politica alla sua vocazione più profonda (la ricerca responsabile e costruttiva del bene comune) suona anche per noi. Se i valori delle grandi Costituzioni occidentali (libertà, uguaglianza, fraternità), declinati con sensibilità anche diverse, non diventeranno pane quotidiano di tutte le assemblee elettive  (dalla piccola comunità locale al Parlamento) e se prevale una “politique politicienne”, una politica politicante priva di concretezza e progettualità, si apriranno praterie sempre più estese per demagoghi di vario colore capaci di suscitare fanatismi e odio fra concittadini e fra connazionali, invece di un’operosa solidarietà.

Pierantonio Zavatti