Inaugurato a Rimini il progetto dedicato a Fellini “Ho bisogno di credere”

Due mostre, due convegni, una serata evento, una ricerca storiografica, un catalogo, un docufilm e un libro degli Atti. “Ho bisogno di credere” è il suggestivo e multiforme progetto che ha preso il via sabato 3 ottobre da Rimini con l’inaugurazione della mostra omonima al Museo della Città. Una seconda esposizione, dal titolo “Il divino amore di Fellini”, allestita sempre al Museo della Città (fino al 17 ottobre), ha completato il programma. Tutta l’iniziativa intende indagare e analizzare il rapporto tra Fellini e il Sacro: simboli, immagini e parole. Un aspetto poco frequentato, finora, dalla critica; eppure tutta la poetica di Fellini è pervasa di religiosità. Ed è pure presente – con tratti più sarcastici – l’incontro con la realtà “romana” della gerarchia ecclesiastica.

“Ho bisogno di credere – affermava il regista riminese 5 volte Premio Oscar all’amico e giornalista Sergio Zavoli – È un bisogno né vivo né maturo, per la verità, un bisogno infantile di sentirmi protetto, di essere giudicato benevolmente, capito e possibilmente perdonato”. “Ho bisogno di credere. Fellini e il sacro” è promosso dalla Università Pontificia Salesiana – Facoltà di Scienze della Comunicazione sociale; dall’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Alberto Marvelli” delle diocesi di Rimini e di San Marino-Montefeltro e dal centro culturale Paolo VI di Rimini, in occasione del centenario della nascita del regista riminese. “Si concretizza un sogno – ha detto Antonio Polselli, presidente del centro culturale riminese che ha dato il ‘là’ a tutta l’operazione – che ha iniziato a popolare i nostri desideri nel lontano 1999, quando il centro culturale Paolo VI stava lavorando con padre Virgilio Fantuzzi attorno al tema del senso in Fellini. Purtroppo quell’idea a lungo cullata non riuscì a realizzarsi, ma ha gestato il progetto che oggi respira con due polmoni – uno a Rimini ed uno a Roma – rivisitando l’immaginario religioso nei film di Fellini con le sue contraddizioni e le sue provocazioni”.

“La nostra è una banca che ha radici ben salde nel territorio e che sostiene di frequente iniziative culturali capaci di incidere sulla cittadinanza, proprio come ‘Fellini e il sacro’, con le sue ricerche e gli studi sul profilo religioso di uno dei più grandi registi di tutti i tempi”, le parole di Francesco Meledandri, responsabile sede di Rimini di Crédite Agricole Italia, main sponsor dell’intero progetto. “È la maledizione dei geni – il contributo di don Gabriele Gozzi, vice direttore dell’Issr ‘Marvelli’ – quella di essere avanti di anni rispetto al presente in cui vivono, e per questo motivo non essere capiti. Non ci può essere il genio senza la controversia. Per fortuna c’è il tempo che rivaluta. Federico Fellini è stato spesso considerato un autore lontano dalla Chiesa, e soprattutto da un approccio confessionale alla Trascendenza (dimensione quest’ultima in realtà molto presente nella sua filmografia). Al contrario, il cinema di Fellini interroga profondamente, ci colpisce nella carne per elevare lo spirito”.

Per Renato Butera, (coordinatore Facoltà di Scienze della Comunicazione Sociale dell’Università Pontificia Salesiana – Roma), una delle menti dell’operazione, il progetto vive di tante sfaccettature e di contributi dalle modalità espressive variegate. “Il libro degli Atti, ad esempio, raccoglie i contributi di 14 specialisti. Si è parlato tanto del Fellini onirico, metafisico, perfino esoterico: mai ci si è soffermati appieno sulla dimensione religiosa del regista, il quale in realtà in tutte le sue pellicole (eccettuate “Satyricon” e “Agenzia matrimoniale”) ha toccato in maniera considerevole il tema del sacro con elementi, oggetti, azioni e personaggi. Anche in maniera ironica e satirica, ma sempre rispettosa. E film come La strada e Le notti di Cabiria portano con sé un messaggio profondo sul sacro e il senso della vita”. Il saggista e ricercatore universitario Davide Bagnaresi (Università di Bologna – Polo di Rimini, e Università Pontificia Salesiana, Roma) è autore di una ricerca storiografica sui primi 20 anni di vita di Fellini, “quelli meno ricchi di informazioni e spesso anche non corrette. La vera casa in cui è nato, l’asilo che ha frequentato, le suore ‘cappellone’ e la ‘suora nana’ sono alcuni degli ‘inediti’ frutti di questa ricerca che si conclude simbolicamente con il matrimonio, sul quale c’è una bellissima intervista di Giulietta Masina che racconta quella giornata. La ricerca è ancora in divenire, ed è ricca anche di fotografie inedite. Finirà per diventare due libri, in collaborazione con Butera, che indagheranno anche il rapporto di Fellini con gli intellettuali cattolici: entrambi vedranno la luce sul finire del 2021”.

Il logo simbolo della mostra “Ho bisogno di credere” e del progetto “Fellini e il sacro” è la luna (de “La voce della luna”, uno dei film simbolo della religiosità di Fellini) che ha il volto di Gelsomina. Nasce, come tutta la cura grafica e gli allestimenti, dallo studio Kaleidon di Rimini. “La mostra Ho bisogno di credere si sviluppa in 20 grandi pannelli (e alcune installazioni), ciascuno segnato da un tema, quasi fosse una via crucis”, racconta il creativo Francesco Ramberti. A chiudere la conferenza stampa è intervenuto l’assessore alla Cultura del Comune di Rimini, Giampiero Piscaglia: “L’anno del centenario felliniano, per il quale il Comune di Rimini ha ideato il logo Fellini 100 e il coordinamento a livello nazionale, ha abbracciato tante iniziative, e non tutte di qualità. ‘Fellini e il sacro’ lo è: volge lo sguardo – e lo fa bene – su una dimensione poco affrontata del regista. Il rapporto tra Fellini e il sacro è contraddittorio: a volte il regista è ironico, a volte sarcastico, solo in un’occasione critico (a proposito dell’educazione sessuale dei giovani, ma va tutto contestualizzato) ma comunque venato di ammirazione non solo per il sacro ma anche per la religione e la religione cattolica”.

Il sassolino del matto (“La strada”); il pellegrinaggio al Santuario del Divino Amore (“Le notti di Cabiria”); la statua di Cristo in volo su Roma (“La dolce vita”); il collegio religioso e l’incontro con il cardinale (“8 e 1/2”); la recita del martirio della Santa (“Giulietta degli spiriti”); il Rex (Amarcord); la sfilata di abiti ecclesiastici (Roma) e ancora sequenze tratte da “Lo sceicco bianco”, “Il Bidone”, “I Clown”, “Casanova”, “La città delle Donne”, “La voce della Luna”. Attraverso venti grandi e suggestivi pannelli e una serie di fascinose scenografie si ripercorre una parte sostanziosa della filmografia del cinque volte Premio Oscar attraverso un originale grandangolo. Dopo il Museo della Città (3-17 ottobre 2020), la mostra sarà allestita a Roma, presso la Pontificia Università Salesiana (24-31 ottobre 2020), per ritornare a Rimini (8 novembre-8 dicembre) presso il centro commerciale Le Befane.
La mostra è accompagnata da un catalogo omaggio di 24 pagine a colori (formato 44 x 29 cm), realizzato in collaborazione con il settimanale ilPonte – Rimini, grazie ai partner Pigini Group-Rotopress, centro commerciale Le Befane – Rimini, Trend Hotels – Hotel Biancamano.

Fellini, che si definiva “un artigiano che non ha niente da dire, ma sa come dirlo”, ha lasciato opere ricche di satira e velate di una sottile malinconia, caratterizzate da uno stile onirico e visionario. Le notti di Cabiria diventano così “Il divino amore di Fellini”, la seconda mostra ospitata al Museo della Città (fino al 17 ottobre 2020). L’esposizione è dedicata alle emozionanti fotografie ritrovate da Jonathan Giustini del pellegrinaggio di Federico Fellini al Santuario romano del Divino Amore. L’editore riminese Interno4 ha dedicato un interessante volume, Fellini inedito, proprio sulle sessantacinque fotografie “ritrovate” dalla lavorazione de Le notti di Cabiria. Chiudono il libro due interviste ritrovate a Manuel Vázquez Montalbán e Manoel de Oliveira. Il Museo della Città ospita trenta pannelli con le fotografie che ritraggono il regista e gli attori, il set, il sopralluogo, il Santuario, e testi relativi agli scatti in cui “praticamente – assicura Giustini – non esiste distanza. La finzione si interrompe, non si interrompe la devozione”.