Caporalato, la Squadra Mobile di Forlì porta allo scoperto casi nei comuni romagnoli
Sul territorio regionale, il caporalato ha fatto un preoccupante salto di qualità, come ha dimostrato l’operazione condotta mercoledì 15 aprile dalla Squadra Mobile della Questura di Forlì, che ha portato alla luce episodi di grave sfruttamento lavorativo in alcuni comuni della Romagna. Sono 45 le persone, in gran parte richiedenti asilo e tutti pachistani o afgani, passati tra le “grinfie” dei quattro caporali – anche loro immigrati – e sottoposti a paghe orarie da un euro l’ora e alloggiati in precarie condizioni igieniche, addirittura senz’acqua. Scenari che si era abituati a vedere in altri luoghi, ma che ora si propongono anche sul territorio regionale, con sfruttamento e condizioni di vita inumane che coinvolgono prevalentemente lavoratori stranieri su cui è necessario assumere piena consapevolezza.
Questi lavoratori, come si apprende dalle agenzie di stampa, pare siano richiedenti asilo, quindi i soggetti più vulnerabili che – sottolineano le stesse agenzie – avevano paura di rivolgersi al sindacato per tutelare i propri diritti. “Sono lavoratori – si legge nella nota di Cgil Emilia-Romagna – che devono essere messi nelle condizioni di avere diritti, devono essere tutelati e regolarizzati per non cadere nelle maglie di brutali schiavisti e caporali. Non sono, infatti, più tollerabili i ritardi sull’applicazione della Legge 199/2016 (legge contro il caporalato), che va applicata in tutte le sue parti, in particolare sui temi del collocamento, alloggi e trasporto. L’azione delle forze dell’ordine è importante, sta dando i suoi frutti, ma quell’azione va affiancata da azioni di prevenzione e di contrasto all’indegno fenomeno organizzato e sistemico dello sfruttamento”.
Applicando la Legge 199/2016 e la legge regionale 18/2016 e costituendo le declinazioni territoriali della “Rete del lavoro agricolo di qualità” presso le sedi territoriali dell’Inps, si potrebbero istituire i luoghi in cui la domanda e l’offerta di lavoro s’incrociano in modo trasparente, con un ruolo attivo dei Centri per l’impiego regionali. L’Emilia-Romagna, per superare la crisi di reperimento di manodopera nel settore agricolo a causa dell’emergenza covid-19, ha già annunciato di voler dare un ruolo ai Centri per l’impiego. Il caporalato emiliano romagnolo, come confermato dall’operazione condotta dalla Squadra Mobile di Forlì, si esercita tramite il meccanismo dell’appalto. Si tratta ovviamente di appalti illeciti, privi dei requisiti previsti dalla legge, che consentono ingenti evasioni fiscali e contributive e deresponsabilizzano i committenti. Un meccanismo che, oltre a sfruttare e sottopagare i lavoratori, genera concorrenza sleale fra le imprese. Ancora una volta si è in presenza di cosiddetti “imprenditori”, che agendo per il puro arricchimento, non hanno nessun scrupolo nel violare i più elementari diritti, riducendo i lavoratori ad uno stadio di schiavitù, legittimando condotte criminali.
“Nelle sue articolazioni territoriali romagnole, la Flai Cgil – si legge ancora nel comunicato – da anni sta segnalando alle competenti istituzioni fenomeni di sfruttamento, di possibile caporalato e di appalti illeciti, ma ha anche cercato di attivare specifiche campagne di sensibilizzazione e d’informazione nei confronti dei lavoratori agricoli. Come in tutti i casi di lavoratori sfruttati da caporali senza scrupoli, la Cgil e la Flai dell’Emilia-Romagna si attiveranno per offrire la necessaria assistenza ai lavoratori coinvolti in questa ennesima disumana vicenda di sfruttamento lavorativo”.