Rocca San Casciano ricorda Armando Ravaglioli con il libro “Il Romagnolo di Roma”

Da desta, Giovanni Tassani, Marco Ravaglioli, Roberto Pinza, Gian Luca Zattini, Rosaria Tassinari e Fabio Martini

“Una città deve ricordare i suoi figli migliori. E Armando Ravaglioli è stato uno di questi: ha lavorato a Roma, perché ci fosse nell’Urbe un angolo di Romagna”. Lo ha sostenuto il sindaco di Forlì, Gian Luca Zattini, venerdì pomeriggio (28 novembre) ai Musei San Domenico, portando i saluti dell’Amministrazione comunale alla presentazione del libro “Il Romagnolo di Roma”, scritti di Armando Ravaglioli nel decennale della morte e nel centenario della nascita (Rocca San Casciano 1918-Roma 2009), curati dal figlio e giornalista della Rai Marco. Zattini ha anche annunciato che “gli scritti di Ravaglioli saranno accolti nella biblioteca di Forlì”. Il presidente della Fondazione Roberto Pinza ha elogiato l’iniziativa comunale, perché “Ravaglioli ha avuto due grandi amori: la Romagna e Roma”.

Nato a Rocca San Casciano nel 1918, Ravaglioli si laureò a Bologna in giurisprudenza nel 1941, vivendo con la famiglia a Forlì. A quel periodo risalgono le prime iniziative culturali del giornalista e scrittore romagnolo nell’ambito delle pubblicazioni del Guf. Ufficiale di artiglieria durante la Seconda Guerra Mondiale in Grecia, trascorse due anni nei lager nazisti di Polonia e Germania, rifiutando l’adesione alla Repubblica Sociale e al Reich, raccontandone poi le dolorose esperienze nei due libri “Continuammo a dire di no” e “Storie di ordinaria prigionia”. Nel 1946 si trasferì a Roma dove svolse varie attività editoriali, conoscendo molti esponenti del mondo culturale cattolico, fra cui Aldo Moro e padre Agostino Gemelli. Dal 1958 diresse l’ufficio stampa del Campidoglio e la rivista Capitolium. Fra i tanti libri, meritano di essere citate pubblicazioni di divulgazione turistica come “Roma”, “A Roma come i romani”, la “Guida di Roma”, “Roma romagnola” e “Romagnoli a Roma”.

“Ma questo intellettuale operativo – ha spiegato Giovanni Tassani – si formò a Forlì nell’Azione Cattolica e ai valori della libertà e del dialogo, alla scuola di don Pippo all’oratorio San Luigi, come era avvenuto per tanti giovani dell’epoca, fra cui Diego Fabbri”. Nel gruppo di Ravaglioli c’erano tanti altri giovani forlivesi, come Stelio Martini, Mario Ricca (morto missionario in Africa) e Michele Maccaroni (laureatosi con Gentile a Pisa), questi ultimi due diventati poi preti. “Un periodo storico interessante e ricco di spunti culturali – ha spiegato Tassani – tra il mondo cattolico forlivese e il fascismo”. In quel periodo Ravaglioli fondò e diresse tre riviste nazionali: “Via Consolare”, “Spettacolo” e “Pattuglia”, con la collaborazione di diversi giovani intellettuali italiani, fra cui Giorgio Napolitano, futuro presidente della Repubblica, e Paolo Grassi, fondatore del Piccolo Teatro di Milano. Le tre riviste furono chiuse dallo stesso Benito Mussolini nel 1943. Per il giornalista della Stampa Fabio Martini, il cui padre forlivese era amico di Ravaglioli, “gli scritti del romagnolo a Roma sono ricchi di cultura e storia, che nulla hanno dell’impressionismo giornalistico attuale”. Secondo il figlio Marco, “il libro è un omaggio alle due patrie del romagnolo a Roma e alla civiltà romana che si trova ancora in Romagna e alla civiltà romagnola che si vive a Roma”.

QUINTO CAPPELLI