XVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (anno B – Gv 6,24-35)

Oggi si ha l’inizio del discorso del “pane della vita” che avremo per altre tre domeniche.

La gente non demorde: vuole “catturare” Gesù; lo rintraccia a Cafarnao. Lui cerca di portarla su un piano più alto: “… voi mi cercate … perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare … per il cibo che rimane per la vita eterna …”. Il miracolo della moltiplicazione dei pani vuole essere solo un rimando all’essere divino di Gesù, non si ferma ai vantaggi materiali.

L’“opera di Dio” è “che crediate in colui che egli ha mandato”. Lui è presentato come “Figlio dell’uomo”, il titolo dell’essere divino del libro di Daniele (7,13), frequente nei vangeli, atto a sottolineare la realtà umana e divina di Gesù. Secondo lo spirito del giudaismo, bisognava compiere molte opere per essere fedeli a Dio, il vangelo invece afferma che ne serve una sola: credere in Cristo come inviato di Dio-Padre e questo comporta l’impegno totalizzante a seguirlo; in quanto tale è vera “opera di Dio”. Poi si dirà: “Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre …”; la fede è grazia di Dio, ma richiede anche la cooperazione umana.

La gente vuole la prova cogente che proprio lui sia l’inviato di Dio. Viene citata la nota tradizione di Mosè che in testi giudaici è presentato come primo redentore, il secondo sarà il Messia. Prima, per indicare la fede cristiana c’era “credere in” (con l’accusativo), adesso per il semplice aspetto umano di dare ascolto a uno, si ha il dativo “ti…”. Già presso gli Ebrei la riflessione teologica sulla manna aveva portato a dare ad essa un valore spirituale (cfr. Dt 8,3; Sp 16,26). Proseguendo su questa linea il vangelo presenta Gesù come “il pane” autentico “dal cielo”, “il pane della vita”. Si richiama che l’espressione “Io sono” (da sola o accompagnata da predicato) ha valore rivelativo: indica la divinità di Gesù, una sua qualifica. Più avanti nel discorso il “pane” sarà precisato come Eucaristia, ma a questo punto si deve intendere come la sua verità, il suo “vangelo”, la dottrina rivelata di cui egli è depositario (cfr. v.68); del resto si sa bene che il Sacramento, se non è “Sacramento della fede”, se non implica l’impegno di adesione profonda a lui, non ha valore o, almeno, non può esplicare tutta la sua potenzialità. Lui solo è in grado di soddisfare il desiderio di vita innato nell’uomo, lui solo può saziare del tutto e definitivamente: ” … chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai”.

(qôl)