Presentazione del libro: a Meldola, “La Romagna dei castelli e delle rocche”

È un volume illustrato che ripercorre la storia e compie il censimento dei maggiori fortilizi del territorio romagnolo. Questo il contenuto del testo che viene presentato sabato 14 aprile alle 18.00 alla Sala Versari del palazzo Dora Pamhili di Meldola (piazza Orsini, 12). “La Romagna dei castelli e delle rocche” è un libro edito da Ponte Vecchio editore, con il contributo di Conad Cia, che raccoglie i contributi degli autori Cristina Castellari, Paola Novara, Mirko Orioli, Angelo Turchini e Marco Viroli. L’introduzione è firmata, invece, da Eraldo Baldini. 

In Italia, il processo detto “incastellamento” si manifestò tra il 920 e il 1030, portò all’accentramento umano in abitati d’altura (castra), alla riorganizzazione dei terreni e alla loro ridistribuzione gerarchica all’interno di vere e proprie circoscrizioni. L’incastellamento costituì il maggior rivolgimento strutturale e culturale che nel Medioevo avvenne in Europa, per l’indebolimento dell’autorità regia e imperiale, oramai non più in grado di proteggere i territori dalle incursioni dei popoli che venivano da nord o dal mare.

In molte situazioni, l’esigenza difensiva nacque da lotte diffuse tra piccola nobiltà locale o dal desiderio di controllare e difendere una via di transito o importanti attività commerciali. La riorganizzazione non interessò solo l’urbanistica dei centri abitati ma coinvolse anche le strutture fondiarie e agrarie, l’ordinamento politico e religioso, persino l’organizzazione familiare, incidendo profondamente in quasi tutti gli aspetti della vita quotidiana. Anche per i castelli, si affermò, come per i feudi, la tendenza a trasformare in ereditario il bene che era stato ricevuto in affidamento.

In Romagna, più che altrove, il fenomeno dell’incastellamento fu molto intenso, stimolato dapprima dagli scontri tra potenti famiglie comitali quindi dalle lotte tra fazioni guelfe opposte ai ghibellini che proprio a Forlì ebbero il loro centro più importante. In seguito, ad alimentare la necessità difensiva furono le contese tra le famiglie signorili che erano a capo delle principali città (Ordelaffi, Malatesta, Manfredi, Da Polenta) e gli scontri con lo Stato pontificio, che rivendicava l’egemonia su terre di proprietà che, in più riprese, erano sfuggite dal controllo. Per finire, vi furono gli anni del dominio di Girolamo Riario e Caterina Sforza, la cui caduta segnò, dopo il triennio di Cesare Borgia e del Ducato di Romagna, il passaggio allo Stato della Chiesa.

Da allora, fatto salvo il breve periodo dell’occupazione napoleonica, tra la fine del Settecento e il Congresso di Vienna, i papi governarono la Romagna (e quindi il Forlivese) per circa tre secoli, fino all’avvento dell’Unità d’Italia. Oggi, in Romagna, restano meno del 40% dei tanti fortilizi che furono eretti, quasi nessuno di questi è visitabile, mentre il 60% è completamente scomparso. È perciò di fondamentale importanza cercare di preservare dall’oblio e dalle ingiurie del tempo le costruzioni superstiti.