Nella pandemia ritrovare il senso della responsabilità comune

Un atteggiamento psicologico, ma anche morale e civile, che porti ad assumere una responsabilità comune nei confronti del dramma in corso è il grande assente dalla scena della seconda offensiva dell’epidemia.

Il nostro Paese, in più di un’occasione, a partire dagli anni del terrorismo, delle catastrofi naturali, a partire dalla solidarietà dimostrata in tante occasioni che abbiamo attraversato ha messo in campo una solidarietà di cui non è facile trovare esempi corrispondenti in altri luoghi del mondo. Questo sentimento di unità e di collaborazione ha segnato la società italiana per anni. Si è indebolito e progressivamente sta scomparendo dal momento in cui i costumi, la mentalità, i riti della società opulenta hanno scavato, in un tempo relativamente breve, un solco profondo tra i cittadini, hanno intaccato il perseguimento del bene comune nelle istituzioni centrali e locali, hanno fatto dell’interesse, del profitto a tutti i costi, della corsa al successo, dell’egoismo, gli elementi che oggi dominano largamente in ogni campo.

È difficile che, anche nelle circostanze più gravi, come l’attuale, una società che ha imparato a considerare i diritti individuali, di gruppo, di famiglie, come la guida dei progetti di vita di così tanti uomini, donne, ragazzi, si ritrovi intorno a un fine che meriti di essere perseguito con spirito comunitario e che non sia coniugabile unicamente in termini di tornaconto economico. Nel momento in cui la logica dell’economia di mercato sottomette a sé con sempre maggior forza ogni altro obiettivo e fine, la politica perde la capacità e la possibilità di trovare consenso intorno a obiettivi diversi da quelli dell’individualismo.

La pandemia ha portato a galla una metamorfosi antropologica di portata che non sarebbe esagerato definire epocale. Al di là e al di sopra delle questioni strutturali che la pandemia ci impone di risolvere, c’è questo fattore, che richiede un gigantesco sforzo di ricostituire una socialità che sia coerente con il dettato costituzionale e con l’etica pubblica della democrazia. Per questo motivo l’educazione alla vita democratica non può non essere l’obiettivo fondamentale delle forze politiche e sociali fin d’ora perché il tempo perso è enorme e ora come mai fa sentire il suo terribile peso.

Edoardo Russo – presidente Azione Cattolica di Forlì-Bertinoro