Un tuffo nella storia: come Forlì contrastò la febbre gialla del 1804

Gabriele Zelli

Nel mese di agosto del 1804 un bastimento attraccò al porto di Livorno. Giungeva dalla Spagna, considerata “paese sicuro” a livello sanitario, e la capitaneria di porto dette il via libera allo sbarco dell’equipaggio e dei passeggeri senza dettare nessuna misura di quarantena. Errore fatale in quanto l’intero personale del bastimento era affetto dalla febbre gialla a uno stadio già avanzato e l’epidemia si diffuse rapidamente. L’allarme si estese ovunque. Le autorità della Forlì del tempo emanarono disposizioni per contenere il contagio. In un manifesto, affisso in città che porta la data del 9 novembre 1804, venivano ribadite le indicazioni “per la tutela della pubblica salute”. Si stabilì di controllare le mura da un “cordone di probi cittadini e chiunque tentasse d’eludere questo cordone con intromissione di persona, di bestia e di robbe, nell’istante è riconosciuto reo di attentato alla pubblica salute”. 

A presidio delle porte furono designati “due Deputati di Sanità incaricati della precisa osservanza di tutte le discipline e regolamenti di Sanità e di Polizia”, i quali dovevano intimare a chiunque si presentasse di “fermarsi alla distanza di cinque piedi e col mezzo di una canna di detta lunghezza” spaccata in cima, ricevevano “la carta di sicurezza e la Fede di Sanità” (una vero e proprio passaporto sanitario ndr). In caso di sospetto sull’effettiva esigenza di muoversi di chi era stato fermato si faceva “l’esame di dette carte colle dovute cautele degli spruzzi d’aceto, e delle profumazioni di bacche di ginepro, rivolgendo le suddette con forbici e ferri addattati”. Poi si procedeva “con le necessarie interrogazioni” per verificare “la provenienza espressa nella Fede di Sanità e confrontano la persona dell’offerente coi connotati in essa specificati. Risultando diversi, gli esibitori sono creduti sospetti, come nel caso in cui s’incontrassero in dette Fedi alterazioni di carattere diverso, e di diverso inchiostro nelle loro date, e nella nomina delle provenienze”.

Inoltre i tutori dell’ordine pubblico dovevano ritenere irregolare la documentazione quando “calcolato il tempo del viaggio dal luogo della partenza si conosca evidentemente, che la Fede doveva essere rinovata, e rivedimata, come pure se nelle suddette Fedi non siano specificate le bestie e robbe che ha seco l’offerente. Nei casi suddetti di sospetto, e d’irregolarità ne passano immediato rapporto al Delegato speciale di Sanità, e trattandosi di militari al detto Delegato ed al Commandante della Piazza per le loro occorrenze” Nel frattempo chi era sospettato di aver alterato l’autorizzazione doveva essere “trattenuto nella suddetta distanza guardato a vista da una sentinella”. Insomma non c’erano i droni ma il controllo veniva assicurato ugualmente. O almeno si tentava. Dai documenti dell’epoca non si hanno notizie di decessi a Forlì a causa della febbre gialla.  

GABRIELE ZELLI