Il Vangelo della Domenica di Pasqua: lo commenta don Enrico Casadei Garofani

La tomba, fine dell’itinerario terreno di ogni uomo, sembra essere anche la fine di ogni pretesa messianica e regale di Gesù. Lo avevano condannato a morte perché si era proclamato Messia, re e Figlio di Dio, e, mentre pendeva in croce, avevano continuato a schernirlo e a provocarlo: «Il Cristo, il re d’Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo!» (Mc 15,32). Ma il miracolo non era accaduto, Gesù non era sceso e, alla fine, era sopraggiunta la morte, letta come abbandono e maledizione da parte di Dio.

Invece, proprio presso la tomba di Gesù, nel luogo che dovrebbe mostrare il suo fallimento definitivo, risuona qualcosa di nuovo ed inaudito: «Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui» (Mc 16,6). Per tre volte Gesù aveva predetto ai suoi discepoli tanto la propria morte quanto la propria risurrezione: ora viene mostrato che le sue parole erano tutte vere, e che false erano invece le accuse. La risurrezione è verifica di tutte le parole e di tutto l’itinerario di Gesù: essa mostra chi egli sia veramente, come il Padre stia dalla sua parte, e quanto Gesù sia andato oltre rispetto alle pretese degli uomini: i detrattori di Gesù dicevano che per credergli sarebbe bastato loro vedere che evitava la morte; Gesù invece l’ha addirittura sconfitta. La risurrezione è la buona notizia che mostra la coerenza di tutto il Vangelo, e che invita ad accoglierlo dalla prima all’ultima parola.

Per i discepoli la risurrezione è anche ripartenza: «Ecco il luogo dove l’avevano posto. Ma andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro: “Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto» (Mc 16,6-7). La tomba, vuota del corpo di Gesù, è svuotata anche del suo significato di disperazione: non è più luogo per sostare in pianto, ma per partire, e dare l’annuncio di quanto è accaduto. E questo annuncio contiene in sé una promessa di perdono e di comunione: promettendo, infatti, di mostrarsi ai suoi discepoli – che erano fuggiti e lo avevano abbandonato – il Risorto fa capire che li considera ancora, e nonostante tutto, suoi discepoli, e che la loro sequela può ricominciare da capo proprio nel luogo – la Galilea – dove era avvenuta la loro vocazione al discepolato.

Pasqua è rilancio: è superamento di ogni disperazione e di ogni pietra tombale; è recupero delle incomprensioni, dei fallimenti esistenziali e dei tradimenti; è recupero del rapporto con Gesù e della sequela di lui in una dimensione rinnovata; è condivisione di una vittoria piena di speranza, perché accompagnata dal perdono e dalla certezza che l’ultima parola sul male e sulla morte è sempre di Dio.

DON ENRICO CASADEI